venerdì 13 gennaio 2023

BURR di Gore Vidal - Fazi Editore

 

BURR | Gore Vidal | Fazi Editore | 602 pagine


New York, 1833. Il colonnello Aaron Burr, settantasette anni, si è appena sposato. 

È ormai un anziano politico considerato da molti un mostro, ma è determinato a raccontare la sua storia. 

Sceglie di confidarsi con un giovane giornalista, Charles Schermerhorn Schuyler. Insieme, esplorano il suo passato. 

Nel 1804, da vicepresidente, Aaron Burr sfida in un duello la sua nemesi politica, Alexander Hamilton.  Lo uccide. 

Nel 1807 viene arrestato, processato e infine assolto dall’accusa di tradimento. 

La cronaca che emerge è la parabola travagliata di un uomo, statista di successo spesso temuto, sullo sfondo del continuo dramma civile di una giovane nazione. 

E laddove l’antieroe protagonista è un affascinante gentiluomo, i suoi avversari altro non sono che comuni mortali: George Washington è un ufficiale militare incompetente che ha perso la maggior parte delle sue battaglie; Thomas Jefferson è un ipocrita che ha ordito un complotto contro di lui; Alexander Hamilton è un opportunista di nascita bastarda troppo ambizioso.

Finalista al National Book Award nel 1974, Burr è lo straordinario ritratto di una delle figure più complesse e incomprese tra i Padri Fondatori degli Stati Uniti tratteggiato dall’acuminata penna di Gore Vidal.

Recensione


Burr è il primo romanzo del ciclo Narratives of Empire: sette libri che, tra feroci polemiche e grandi consensi, hanno accompagnato Gore Vidal per oltre trent’anni. 

Una vera e propria controstoria dell’America, dalla costituzione degli Stati Uniti fino al secondo dopoguerra, in cui s’intrecciano magistralmente episodi e personaggi reali e d’invenzione.

Anticipo subito che sebbene sia una storia romanzata, questo è un romanzo storico impegnativo in cui bisogna mettere in conto una certa concentrazione: diciamo che le 602 pagine non si leggono tutte d'un fiato!

Questo, però, non vuol dire che non lo abbia trovato interessante, tutt'altro!

Burr è stato scritto nel 1973 e iniziato alla fine del 1969 da Vidal - definito dal New York Times come un "uomo di lettere prolifico, elegante e completo": Vidal che non è stato "solo" uno scrittore, ma ha anche partecipato al circuito dei talk show più avanti nella sua carriera tanto che Johnny Carson è stato abbastanza impressionato da offrirgli un posto come ospite regolare di "The Tonight Show";  è stato anche un politico tanto che si è  si candidato al Congresso da New York nel 1960 e al Senato in California nel 1982 . 


Jay Parini nel suo libro Empire of Self, la biografia di Vidal del 2015, ha affermato che "Nel momento in cui inizia a scrivere Burr , è al top del suo gioco" e ha cercato le ragioni per cui Vidal si sia interessato di un personaggio di 200 anni fa trovandole  nell'entusiasmo della nazione per l'anticipata celebrazione del bicentenario della sua indipendenza nel 1976; nella presunta lontana relazione del suo patrigno con Burr, nelle oscure macchinazioni della Casa Bianca di Nixon che ricordano a Vidal gli intrighi della Casa Bianca di Jefferson; nell'episodio più famoso della storia della prima Repubblica, il duello del 1804 tra Burr, allora vicepresidente degli Stati Uniti, e Hamilton, che morì e, infine, nel cosiddetto "Burr Conspiracy" tre anni dopo, quando il presidente Thomas Jefferson ordinò di arrestare Burr per tradimento per aver complottato per creare una nazione indipendente nel sud-ovest, portando con sé alcuni degli Stati Uniti - per la cronaca è stato assolto.

Per scrivere questo romanzo Vidal fece molte ricerche storiche e si è addirittura consultato con lo storico Arthur Schlesinger, nonché suo amico, sui libri e le fonti più utili e ha fatto spedire circa 200 volumi alla sua residenza a Roma, dove in quel momento risiedeva.

Il problema più grande per Vidal è stato quello della scarsità di documenti e carte personali di Burr: infatti, la maggior parte delle carte di Burr è andata in mare, insieme a la sua unica figlia, figlia Teodosia, e nipote, nel 1813.

La storia di Aaron Burr, figura complessa e incompresa nel panorama storico statunitense, viene raccontata al lettore da Burr stesso e da un aspirante biografo, Charles Schuyler, personaggio creato dalla penna di Vidal, a cui Burr detta le sue memorie: c'è un continuo intersecarsi degli eventi passati e il 1833.
"Aaron Burr, un tempo arbiter elegantiarum di New York, intimo di principi teutonici, leone dei salotti londinesi, l'uomo che Jeremy Bentham considerava squisitamente civile. Ascoltando la sua conversazione, potei rendermi conto di come il Colonnello avesse potuto incantare tre generazioni di d'europei e d'americani, come riuscisse a ipnotizzare sia uomini sia donne, al pari del diavolo. "

Il libro di memorie che sta redigendo il giornalista Charles ha lo scopo di screditare l'aspirante presidente Martin Van Buren e di scoprire se "Il colonnello" (così viene chiamato Burr in tutto il libro) riveli in qualche modo che Van Buren è davvero suo figlio illegittimo, una voce reale che esisteva al tempo. 

Nel mentre che Burr racconta gli eventi passati legati alla Rivoluzione, emergono anche molti attacchi e battute salaci dal Colonnello ai Padri Fondatori: in particolare, George Washington e Jefferson. 

"Washington, divenuto presidente, voleva essere chiamato Sua Maestà. Il Senato era d'accordo, la Camera dei Deputati no. E fece notare all'altro ramo del Congresso che la Costituzione allude al capo dell'esecutivo come al "presidente" e basta. Io sono convinto che, al più grand'uomo del mondo, sarebbe piaciuto molto essere re, se non gli fosse mancato un figlio e principe che gli succedesse".

"Eppure, Washington non aveva nulla da temere da me. L'avrei, sì, raffigurato come un generale incompetente (qual era), ma avrei anche dimostrato che fu lui il supremo creatore degli Stati Uniti. Con la sua potente volontà e velenosa astuzia, egli trasformò una slegata confederazione di Stati sovrani in un forte Stato federale, cupa immagine dell'impero romano".

E riguardo a Jefferson cosa disse?

"Parliamo un po' di Jefferson. Alcuni lo chiamano il Gran Livellatore della società. In realtà in vita sua livellò solo me!"

"Jefferson era un uomo spietatamente deciso a creare un nuovo tipo di mondo, dominato da agricoltori indipendenti, ognuno che viveva e coltivava la propria ricca terra, lavorata dagli schiavi. (...) Egli proclamava come inalienabili i diritti dell'uomo, e ciò valeva per tutti, tranne che per gli schiavi, gli indiani, le donne e i nullatenenti. (...) Se Jefferson non fosse stato un ipocrita, avrei potuto ammirarlo. 

Quando venne pubblicato alla fine del 1973 da Random House, ottenne ottime critiche. 

Il critico del New York Times, Christopher Lehmann-Haupt, disse: "Che ingegnoso macchinario è il complicato complotto del signor Vidal! Impostando il tempo presente della sua storia nel 1830 e facendo in modo che Aaron Burr rievochi nella sua vivace vecchiaia i suoi ricordi della guerra rivoluzionaria, la prima storia della Repubblica e le sue famose gare con Alexander Hamilton e Thomas Jefferson (come se questi eventi mitici erano accaduti solo ieri) - quale telescopio del leggendario passato ottiene il signor Vidal, e quale leva gli dà per fare a pezzi quel passato. Burr  ha scalato la lista dei best seller e rimane in stampa ancora oggi.

Burr  faceva parte di ciò che Vidal avrebbe poi chiamato i suoi "Narratives of Empire", una serie in sette volumi che narrava vari periodi della storia degli Stati Uniti: oltre a  Burr , il suo seguito 1876  (in cui riappare un vecchio Charles Schuyler) e Lincoln, la serie avrebbe continuato a includere Empire (1987), Hollywood (1990) e The Golden Age (2000).

In conclusione, ho trovato questo romanzo avvincente - per quanto faticoso - ben scritto, brillante e mi ha regalato un nuovo sguardo sulla nascita degli Stati Uniti.

🌟🌟🌟🌠


⏩ CONOSCIAMO L'AUTORE

Nato nel cuore della vita politica statunitense, da bambino ha vissuto a lungo con il nonno Thomas Pryor Gore, senatore, che in seguito sarebbe stato un oppositore di Franklin Delano Roosevelt. 


Dopo aver militato nel Pacifico settentrionale come volontario durante la Seconda Guerra Mondiale, debuttò con Williwaw (1946), che raccontava esperienze belliche (come ben riassume presentandosi come personaggio in L'età dell'oro), cui fece seguito un'opera simile, In a yellow wood

La sua notorietà esplose però con The city and the pillar del 1948, intitolato successivamente nelle varie versioni italiane La città perversa, Jim e La statua di sale

Dopo la pubblicazione, che suscitò reazioni violente, ma che gli procurò estimatori autorevoli (tra cui Christopher Isherwood e Thomas Mann, che parla a lungo del romanzo nei suoi Diari), passò quindi a lavorare in teatro, in televisione e nel cinema, dove firmò sceneggiature importanti, tra l'altro, notoriamente, per Ben Hur e in seguito per Improvvisamente l'estate scorsa di Joseph Mankiewicz e per Parigi brucia? di René Clement.

Due i percorsi fondamentali nella sua opera narrativa: da un lato il contributo notevole e determinante a una nuova concezione del romanzo storico con il ciclo in sette libri della storia dell'impero americano, da Washington D.C. del 1967 fino a L'età dell'oro del 2001, che parla di Pearl Harbor e di Roosevelt, passando per Burr del 1974, che resta forse il titolo più notevole della serie, dedicato al personaggio più controverso della storia USA, Aaron Burr, di cui disegna uno straordinario ritratto. 

L'altro filone fondamentale è quello che lo presenta come attento osservatore del costume e dei way of lives americani ed europei e qui, sulla linea di The City and the Pillar, sono da citare senz'altro l'incantevole “trans-commedia” Myra Breckinridge del 1968, che ebbe grande successo di pubblico e critica, Due sorelle del 1970 e Duluth del 1983; infine va citato un dittico di opere dedicate a una riflessione su temi spirituali declinati in forme peculiari: Kalki (1978) e soprattutto In diretta dal Golgota (1992).

Straordinario saggista e polemista, ha sempre svolto un ruolo di testimone scomodo della vita americana, come ricostruisce nell'autobiografia Palinsesto e come ben dimostrano anche i saggi raccolti ne Le menzogne dell'impero, tratti per lo più dalla silloge The Last Empire.

Da segnalare, infine, la sua carismatica presenza come performer, ribadita in infiniti dibattiti nel corso delle campagne elettorali sue o a sostegno di altri (di cui resta memorabile il celebre scontro televisivo del 1968 con Buckley) e non va dimenticata la sua sporadica carriera come attore cinematografico, di cui è notevole esempio il bel cameo come senatore liberal in Bob Roberts di Tim Robbins del 1992. 

Amante dell'Italia, che ha sempre considerato una seconda patria, ha vissuto tra Los Angeles e Ravello, sulla costiera amalfitana.

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