domenica 16 febbraio 2020

IL VIAGGIATORE di Ulrich Alexander Boschwitz - Rizzoli


IL VIAGGIATORE 
Ulrich Alexander Boschwitz 
Rizzoli 
288 pagine

«Berlino – Amburgo, pensò. Amburgo – Berlino. Berlino – Dortmund. Dortmund – Aquisgrana. Aquisgrana – Dortmund. E forse sarà sempre così. Adesso sono un viaggiatore. In realtà sono già emigrato, sono emigrato nelle ferrovie del Reich.»

SINOSSI 

Otto Silbermann sta negoziando con un conoscente la vendita del suo elegante appartamento di Berlino quando alla porta di casa risuona un colpo secco seguito da un ordine: «Apri, ebreo» intima una voce. 

È il 10 novembre 1938, il giorno dopo la Notte dei Cristalli: i pogrom organizzati dal regime nazionalsocialista sono iniziati e Silbermann, ricco e stimato commerciante ebreo tedesco, sguscia fuori dalla porta di servizio, incontrando il suo destino di fuggiasco. 

RECENSIONE 

La storia editoriale di questo romanzo è particolare. 


Boschwitz​ scrisse Il viaggiatore, il suo secondo romanzo, a Bruxelles in sole quattro settimane dopo il pogrom del 9-10 novembre.

Figlio di un commerciante ebreo tedesco convertito al cristianesimo e di una pittrice originaria di Lubecca, Boschwitz nasce a Berlino nel 1915. 


All’età di vent’anni, costretto ad allontanarsi dalla Germania a causa delle Leggi razziali, si rifugia prima in Svezia e poi in Norvegia ed è qui che scrive il suo primo romanzo Menschen neben dem Leben. 

Da qui si sposta a Parigi e quando viene a sapere dei pogrom a Berlino del novembre 1938, inizia a scrivere Il viaggiatore, che secondo Peter Graf costituisce «il primo documento letterario di quelle atrocità»

Nel 1939 viene prima internato in Inghilterra con la madre e in seguito viene deportato in Australia; da qui nell’ottobre del 1942 prova a tornare in Europa, ma la sua nave viene affondata dalla marina tedesca. 

Boschwitz muore a soli ventisette anni.


Il suo romanzo viene pubblicato per la prima volta in inglese come The Man Who Took Trains in Gran Bretagna nel 1939 e come The Fugitive negli Stati Uniti nel 1940; negli anni '40, viene pubblicata anche una versione in lingua francese ( Le fugitif ).


Gli editori tedeschi, invece, hanno respinto il romanzo per ben due volte.

Dopo circa otto decenni il romanzo è stato riscoperto e pubblicato in tedesco​ grazie all’editore Peter Graf nel 2018: la nipote di Boschwitz, Reuella Sachaf, che vive in Israele, per 30 anni ha cercato persone interessate alla sua pubblicazione, ma invano; fino a quando è stata messa in contatto con Peter Graf: legge una copia dattiloscritta (il manoscritto originale è conservato a Francoforte) e, con il consenso della famiglia, decide di revisionarlo per realizzarne una prima edizione tedesca.
«Il testo – scrive Graf nella postfazione – mi ha catturato subito, ma era impossibile non accorgersi che il manoscritto non era mai stato revisionato e che un editing accurato avrebbe migliorato ulteriormente la qualità del romanzo.» 
Il romanzo è ambientato a Berlino il 10 novembre 1938, il giorno dopo la Notte dei Cristalli.

Ma cos'è successo nella Notte dei Cristalli (Reichskristallnacht)?


Nella notte tra il 9 e 10 novembre 1938 in Germania, Austria e Cecoslovacchia venne attuato il pogrom dagli ufficiali del Partito Nazista, dai membri delle SA (Sturmabteilungen) e dalla Gioventù hitleriana, su istigazione di Joseph Goebbels, e furono bruciate o completamente distrutte almeno 1406 sinagoghe e case di preghiera ebraiche, distrutti i cimiteri, i luoghi di aggregazione della comunità ebraica, migliaia di negozi e di case private.

Questa azione fu la conseguenza dell'uccisione dell'ambasciatore tedesco a Parigi da parte del diciassettenne Herschel Grynszpan.

L'assassinio fu usato dai nazisti come pretesto per un pogrom a lungo pianificato dallo stato nel Reich tedesco; anche gli Stati di tutta Europa hanno reagito con politiche sull'immigrazione più stringenti e bloccando l'ingresso ai rifugiati in fuga dalla Germania.

Centinaia di migliaia furono gli ebrei che non riuscirono a fuggire dalla Germania nazista. 
«Immigrare legalmente in Paesi europei – scrive Peter Graf nella postfazione – diventò per gli ebrei un’impresa quasi impossibile. E altrettanto impossibile divenne ottenere un visto per gli Stati Uniti o il Sudamerica (…) Ed è proprio in questa situazione disperata che viene a trovarsi Otto Silbermann.» 
The Traveller narra, appunto, la storia di uno di questi ebrei che non riusce ad uscire dalla Germania: Otto Silbermann, infatti, per una settimana viaggia e vive sui treni tedeschi in cerca di un posto dove potersi salvare - fermarsi vuol dire arrendersi al nemico.
«Fermarsi vuol dire affondare, impantanarsi. Bisogna correre, correre, correre (…) continuerò a viaggiare, viaggerò da una parte all'altra della Germania finché non ce l’avrò fatta. (…) Sopravvivere significa vincere. Non ci vuole molto a gettarsi nel primo crepaccio, mentre superare le montagne è un’arte. Vivere richiede coraggio. Per suicidarsi basta la disperazione.»
Silbermann, in un racconto ansiogeno, cambia di continuo stazione e cerca i vagoni meno pericolosi e in questo suo continuo viaggio viene a contatto con una umanità variegata: dall'artigiano ebreo che non ha i soldi per scappare; alla giovane donna che non riesce a sposarsi per mancanza di soldi; a giovani nazisti ignari di chi hanno di fronte.

«Nel nostro intimo abbiamo perso ogni sicurezza e la vita ormai è fatta solo della casualità di cui siamo in balia. Da soggetti siamo diventati oggetti.»

Il linguaggio è avvincente, incalzante tanto che ci si ritrova a correre con Otto per le stazioni ferroviarie tedesche.


VOTO: 🌟🌟🌟🌟

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