mercoledì 16 ottobre 2019

MADRIGALE SENZA SUONO di Andrea Tarabbia - Bollati Boringhieri

Madrigale senza suono
Andrea Tarabbia
377 pagine
Vincitore del Premio Campiello 2019

“Il madrigale è una faccenda d’amore e di morte, di pianti e sospiri, e raramente di gioie.”
SINOSSI - Un uomo solo, tormentato, compie un efferato omicidio perché obbligato dalle convenzioni del suo tempo. Da lì scaturisce, inarginabile, il suo genio artistico.
Gesualdo da Venosa, il celebre principe madrigalista vissuto a cavallo tra Cinque e Seicento, è il centro attorno a cui ruota il congegno ipnotico di questo romanzo gotico e sensuale. Come può, è la domanda scandalosa sottesa, il male dare vita a tale e tanta purezza sopra uno spartito?
Per vendicare l’onore e il tradimento, il principe di Venosa uccide Maria D’Avalos, dopo averla sposata con qualche pettegolezzo e al tempo stesso con clamore. Fin qui la Storia. Il resto è la nostalgia che ne deriva, la solitudine del principe: è lì, nel sangue e nel tormento, che Andrea Tarabbia intinge il suo pennino e trascina il lettore in un labirinto.
Questa storia − è ciò che il lettore scopre sbalordito − ci parla dritti in faccia, scollina i secoli e arriva fino al nostro oggi, si spinge fino a lambire i confini noti eppure sempre imprendibili tra delitto e genio.
Con un gioco colto e irresistibile, tra manoscritti ritrovati e chiose di Igor' Stravinskij − che nel Novecento riscoprì e rilanciò il genio di Gesualdo − Andrea Tarabbia, scrittore tra i migliori della sua generazione, costruisce un romanzo importante, destinato a restare.

RECENSIONE


Di cosa parla questo romanzo?
“Questa cronaca si fa sempre più gotica, sempre più romanzo: bestie antropomorfe che si liberano dalle catene, sospetti di stregoneria, malinconie incurabili”.
Il romanzo inizia, nei primi anni Cinquanta, con il musicista Igor' Fëdorovič Stravinskij, residente a Los Angeles, che scrive una lettera all’ illustre professore e musicologo statunitense Glenn Watkins per raccontargli quello che gli è accaduto e per inviargli un manoscritto…

Si trovava, infatti, in Italia nell'anno 1956 per l'esecuzione a Venezia di una sua composizione a cui è seguito un viaggio a Napoli e a Gesualdo, città natia del compositore Carlo Gesualdo principe di Venosa, autore di famosi madrigali tardo-cinquecenteschi.

A Napoli, per caso o per destino, entra in una libreria dove trova e compra un manoscritto inedito - o un apocrifo - una cronaca che si presume sia stata redatta da Gioachino Ardytti, domestico fedele del principe Carlo Gesualdo, e che narra la vita del musicista.

Tornato negli Stati Uniti, Stravinskij fa tradurre il manoscritto: lo legge, lo commenta, anche se nutre forti dubbi sulla sua autenticità, ed immagina di ricomporre in stile contemporaneo la musica di Gesualdo.

Nel romanzo, quindi, c’è una doppia storia che procede parallela, con la musica come comune denominatore: quella di Stravinskij, con le sue personali considerazioni e la descrizione della genesi di un suo lavoro, il Monumentum pro Gesualdo da Venosa ad CD Annum, concepito per essere eseguito nel 1960, in occasione dei quattrocento anni dalla nascita di Carlo Gesualdo; e quella del manoscritto con la vita di Gesualdo, della sua musica e della tragedia che lo colpì, ovvero l’uccisione di sua moglie Maria D’Avalos con l’amante Fabrizio.

Il misterioso compilatore del manoscritto, il servitore fedele Gioachino Ardytti, descrive se stesso come molto piccolo, con gambe di lunghezza diseguale e un aspetto deforme e dichiara di aver incontrato Carlo Gesualdo nel convento di Roma, quando erano ragazzi, e da allora di non essersi mai separato dal suo signore, rimanendo con lui giorno e notte.

Nel corso di tutta la lettura, non si capisce se il domestico sia veramente esistito – sia per la sua onnipresenza accanto al principe, quanto per la dichiarata facoltà di nascondersi e di rimanere invisibile – oppure sia uno stratagemma letterario.

Ed è per questo motivo che Stravinskij scrive al professore americano: per sottoporgli il problema dell’identità di Gioachino.

Il professore Watkins assicura che mai fu presente a Gesualdo un domestico di nome Ardytti, nome che, con la grafia Arditti, sarebbe ebraico sefardita, quindi difficilmente collocabile presso un signore dell'epoca della Controriforma; anzi, ipotizza che in realtà l'autore sia lo stesso Stravinskij, preso dal vortice della composizione del suo Monumentum.

Questo romanzo è stato una piacevole scoperta!


Pala del perdono
Giovanni Balducci
1609


Tante le suggestioni storiche, musicali e letterarie presenti nel romanzo, che me lo hanno fatto apprezzare.


Dalla presenza del Cardinale Federico Borromeo, uno dei personaggi storici di maggior rilevanza all'interno de I promessi sposi…



…Alla rappresentazione del Carnevale, così come era una volta nel suo significato primordiale – e a tal proposito mi sovviene un saggio di Michail Bachtin “L'opera di Rabelais e la cultura popolare. Riso, carnevale e festa nella tradizione medievale e rinascimentale” studiato al liceo – che viene ben reso in questo passo:

“Benché fossimo chiusi nella carrozza, avevamo tutti udito la pernacchia, e sbalordimmo. Ma il duca Alfonso, in modo del tutto sorprendente, scoppiò a ridere, guardò vero il villano, che non aveva fatto nulla per nascondersi tra la gente che gli stava attorno, e si toccò la falda del cappello in segno di saluto. Questo liberò la folla da una sorta di reticenza che le aveva permesso, fino a ora, di salutare, di urlare e di chiamare i nomi di Alfonso e di Carlo, ma non di fare villanate: piovvero allora grida di maschi che insultavano il ducato in dialetto; qualche ragazzo imitò il primo villano facendo a gara coi vicini a chi faceva suoni più grossi; un uomo, proprio mentre passavamo accanto a lui, si voltò, si calò di un poco le brache e ci mostrò il culo…
Che succede, duca? domandò Carlo, che era quasi spaventato.
E’ carnevale, amico mio.”
A notizie “contemporanee” a Stravinskij:
“Hanno dato il Nobel a due italiani: un certo Salvatore Quasimodo, poeta, per la letteratura, e Emilio Segrè, fisico, che vive non lontano da Los Angeles.”
A considerazioni filosofico-musicali:
“La musica non è infinita, essa rispecchia gli uomini e le donne e riproduce il moto dei pianeti che ci stanno vicini. Infiniti però sono i mondi. Immaginate: esistono mondi, e sistemi che non sono questo, in cui forse i rapporti tra i suoni sono differenti, e molteplici, e inimmaginabili da chi, come noi, vede solo questa parte della creazione. Probabilmente i suoni possibili sono centinaia, le note che risuonano nel cosmo sono migliaia, milioni: noi però abbiamo accesso soltanto a una piccola parte. La nostra musica, la musica che possiamo creare con i nostri strumenti e il nostro talento è minuscola, e limitata.”
Ho trovato la scrittura di Andrea Tarabbia molto sofisticata e molto dotta - con atmosfere gotiche con personaggi come streghe (janare), uomini-lupo ed esseri deformi – e questo non di certo a discapito della fluidità del testo e della narrazione.

Un romanzo biografico accattivante che consiglio agli amanti dei romanzi storici!

VOTO: 🌟🌟🌟🌟🌟

⏩⏩ NOTIZIE STORICHE

📌Carlo Gesualdo, noto come Gesualdo da Venosa (1566 – 1613), è stato un compositore in particolare di musica polifonica, fu autore di madrigali e di musica sacra; è considerato uno dei principali innovatori del linguaggio musicale.

📌Gesualdo si procurò anche la triste fama di assassino, per aver ucciso la sua prima moglie Maria d’Avalos, insieme al suo amante Fabrizio Carafa.


Carlo Gesualdo

📌Il “Campiello” è un premio letterario che viene assegnato a opere di narrativa italiana. Istituito nel 1962 per volontà degli Industriali del Veneto con lo scopo di ritagliare un preciso spazio per l’imprenditoria veneta nel mondo culturale italiano. Il primo romanzo è stato premiato nel 1963 a Venezia nell'isola di San Giorgio ed è stato “La Tregua”di Primo Levi.

📌Il nome “campiello” deriva dal tipico spazio della vita pubblica veneziana, il campiello appunto, e rappresenta il luogo per eccellenza d'incontro e di scambio culturale e mercantile per i suoi abitanti. Il nome "Campiello"richiama anche l'idea del teatro di Carlo Goldoni: la Venezia settecentesca delle calli e dei campielli, col suo mondo affollato da personaggi di ogni ceto sociale di cui l'autore seppe ben rappresentare vizi e virtù. Il Premio che viene attribuito al vincitore è la riproduzione in argento del pozzo veneziano ancora presente in molti campielli, “la vera da pozzo”; fondamentale per la città in quanto unica fonte di approvvigionamento dell'acqua potabile. Iconograficamente il premio si ispira alla vera da pozzo di San Trovaso nel sestiere di Dorsoduro a Venezia (notizie prese dal sito internet del Premio Campiello).

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